UFFICIALE SOCIAL, approvata la tassa giornaliera | “Va pagata ogni 24h”: ecco la tariffa esatta
Arriva una tassa sui social - Wikicommons - Sardegnainblog.it
Non era mai accaduto ma ora è realtà: è stata approvata una tassa quotidiana per chi fa un uso eccessivo dei social. Tariffe già stabilite
Se le imposte sul reddito, l’IVA e la miriade di tributi locali generano quotidianamente lamentele da parte di tutti i contribuenti, è facile immaginare quale sarebbe lo sconcerto se un giorno ci venissero imposte tasse su aspetti della vita che diamo per scontati.
Per esempio una tassa sull’aria che respiriamo o persino un’imposta relativa all’uso di WhatsApp. Ebbene, per quanto incredibile possa sembrare, alcune delle tasse più assurde hanno trovato applicazione dimostrando la fantasia, talvolta distorta, dei governi nel reperire fondi.
Una di queste è l’imposta sul respiro: sebbene non esista un prelievo letterale sull’atto di respirare in sé, in passato alcune giurisdizioni in Cina hanno imposto tasse sui beni essenziali come il sale o l’aria.
Storicamente l’ossessione fiscale ha spinto i governi a tassare ciò che è più necessario per la sopravvivenza. Un’altra tassa a dir poco assurda è quella relativa alla scelta del nome del figlio: alcuni sistemi burocratici impongono costi amministrativi spropositati per l’approvazione di nomi non convenzionali per i neonati.
La tassa sui social network esiste, eccome
Tra gli esempi più bizzarri e recenti spicca la singolare tassa sull’uso dei social media che ha trovato la sua applicazione in uno stato africano, l’Uganda. A partire dall’1 giugno del 2018 fu introdotto per la prima volta nella storia un prelievo fiscale sull’accesso ai social network. Per utilizzare piattaforme popolari come Whatsapp, Facebook e Twitter, i cittadini ugandesi sono stati costretti a pagare una tassa giornaliera di circa 5 centesimi di euro.
L’introduzione di questa imposta non fu motivata da ragioni economiche, ma da un esplicito intento politico e di controllo sociale. Yoweri Museveni, il capo di Stato ugandese, giustificò la misura dichiarando che la tassa era necessaria per contrastare la “minaccia del gossip e delle chiacchiere improduttive” che circolavano sui social media.

Imposizione quanto mai bizzarra
Nonostante le proteste e le accuse di limitare la libertà di espressione il governo ugandese non rinunciò ad imporre questo balzello sulla comunicazione digitale. Andando indietro nel tempo, la storia è ricca di esempi di tasse che sembrano uscite dalla fantasia più sfrenata. Questa però le batte davvero tutte.
Tasse e imposte del genere, siano esse moderne o storiche, servono a ricordarci che sebbene l’attuale pressione sia per molte persone insopportabile se non addirittura insostenibile, in altre epoche e in altri luoghi il prelievo fiscale ha toccato livelli di arbitrarietà quasi inimmaginabili.
