Il DNA può esistere all'invecchiamento - Wikicommons - Sardegnainblog.it
Clamorosa scoperta da parte di alcuni scienziati che hanno creato un farmaco davvero sensazionale. Potremo vivere per oltre due secoli e mezzo
L’aspirazione umana a sconfiggere l’invecchiamento e prolungare la vita in modo significativo potrebbe essere un passo più vicina alla realizzazione, grazie a una straordinaria scoperta realizzata da alcuni scienziati.
Un gruppo di ricercatori avrebbe sviluppato un farmaco sperimentale in grado di intervenire direttamente sui meccanismi cellulari dell’invecchiamento, aprendo la strada a prospettive di vita che in teoria potrebbero estendersi fino a 250 anni.
L’eccezionale risultato si concentra sulla capacità del farmaco di potenziare i meccanismi di riparazione del DNA. Con il passare degli anni il nostro materiale genetico accumula danni causati da fattori ambientali, errori di replicazione e stress ossidativo.
La capacità delle cellule di riparare questi danni diminuisce progressivamente, portando all’accumulo di mutazioni e disfunzioni che sono la causa ultima dell’invecchiamento e delle malattie degenerative ad esso correlate.
Il farmaco agirebbe potenziando l’attività di enzimi e proteine coinvolte nei processi di riparazione. Se la cellula riesce a mantenere il proprio DNA integro e funzionante con l’efficacia tipica di un organismo giovane si ottiene un rallentamento sensibile del declino cellulare. La ricerca si concentra in particolare sull’importanza di una molecola chiave: il NAD+ (nicotinammide adenina dinucleotide). Questa coenzima è essenziale per centinaia di processi metabolici, inclusi quelli che regolano la longevità e la riparazione del DNA.
I livelli di NAD+ diminuiscono drasticamente con l’età. Il farmaco sviluppato dagli scienziati giapponesi non sarebbe un semplice integratore di NAD+ ma agirebbe sulla sua sintesi o sul suo utilizzo da parte degli enzimi riparatori, massimizzando l’efficacia del processo di “ringiovanimento” cellulare.
L’affermazione sensazionale di poter vivere fino a 250 anni deve essere interpretata come una proiezione teorica basata sui modelli cellulari e sui risultati preclinici. Sebbene i risultati ottenuti in laboratorio e sui modelli animali siano stati definiti “eccezionali” in termini di rallentamento dell’invecchiamento e inversione di alcuni segni di deterioramento, il percorso per l’applicazione sull’uomo è ancora lungo e complesso.
La sperimentazione sull’uomo dovrà dimostrare non solo l’efficacia del farmaco, ma soprattutto la sua sicurezza a lungo termine, evitando effetti collaterali inattesi. Se i risultati dovessero essere confermati, questa scoperta non solo aprirebbe nuove frontiere nella lotta contro l’invecchiamento, ma anche nella cura di patologie neurodegenerative come l’Alzheimer o il Parkinson, strettamente legate al danno accumulato nel DNA cellulare.
This post was published on 6 Novembre 2025 20:00
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